Certo, a volte, anche se il titolo può sembrare «ermetico» e difficile, non sempre dipende dall'autore; egli può averlo ricavato da una massima popolare, da un articolo di giornale, da uno studio sociologico e storico, eccetera. Ciò non toglie, tuttavia, che il documentario si deve anzitutto imporre per l'efficacia chiara ed immediata del suo titolo.
Ripeto: non c'è trama vera e propria in un documentario; quindi, bisogna cercare di andare incontro allo spettatore fin nella scelta del titolo, che può subito aiutare nella sua ricerca, nella immedesimazione di ciò che viene esposto sullo schermo.
«Tre canne un soldo» (un lontano, oramai, cortometraggio di Florestano Vancini, assai bello e riuscito) ad un primo momento sembra un titolo difficile ma in realtà è centratissimo, e inoltre è un titolo intenso e suggestivo, oltre che chiaramente, spietatamente documentario (tre canne, cioè, costano un soldo: poco, nevvero?).
Mi garbano di meno i titoli di cortometraggi turistici che suonano - faccio esempi da me inventati :
«Armonie del Tigullio», «Capri romantica», «Taormina di sogno».
Essi devono indicare il luogo soltanto e basta, senza alcun aggettivo «lirico» di aggiunta, che in questo caso suonerebbe davvero retorico e fuori moda. Se il regista è tanto bravo nel riuscire a ricreare, musicalmente e pittoricamente, le «divine armonie» del Golfo del Tigullio, buon per lui: noi gli faremo tanti elogi. Ma è inutile davvero che egli ce lo venga a dire prima. Se è riuscito nel suo scopo, ammireremo il suo cortometraggio, il suo mediometraggio, il suo lungometraggio e gli diremo bravo con tutto il cuore.
Quindi: niente, o pochissimi, aggettivi. Niente frasi vecchie, da letteratura tardoromantica e pseudodecadente. Niente orpelli retorici o decorativi o, ancora, «moderna» letteratura ermetica ed estetizzante. Con il cinema drammatico, a soggetto, già è un problema questa ondata di titoli difficili, impegnati, che non si sa da che parte prendere: titoli talora ambigui, a doppio taglio.
Evitare perciò il senso letterario: bisogna essere dei Visconti e dei Fellini, per salvare un film dal peso del suo titolo troppo impegnativo; e allora, figuriamoci un documentario che, se a cortometraggio, deve dire tutto in dieci minuti, e se a lungometraggio normale deve d'altra parte fare i conti coi luoghi da rappresentare, con la tesi da sostenere, con l'idea da mettere in luce e da dimostrare.
lo punto sempre sulla nuda efficacia del titolo, sul luogo, la data, la situazione ambientale, il vero centro drammatico dell'insieme.
La scelta del titolo è importante: è la prova del nostro impegno con il cinema. E' il nostro modo di manifestare un gusto, una partecipazione, che non devono mai essere retorici nè letterariamente facili e sfruttati, bensì vivi, intrisi della nostra personalità umana e artistica. Il titolo è come il nome di una persona: non occorre essere dei Proust per capire che anche il nome è la nostra veste, esteriore e intima, visione del nostro mondo personale, che è fatto di gusto, di idee nostre e di idee ricevute, di luoghi comuni e di verità.
Bisogna avere un certo talento anche per i titoli; essi sono il biglietto di presentazione dei nostri lavori.
Se il titolo è brutto, il giudizio finale riceverà sempre qualcosa della prima impressione: sarà condizionato, raramente libero.
Qui di seguito alcuni esempi di titoli dai miei film con la loro visualizzazione filmica. Buona visione
Nessun commento:
Posta un commento