Caro navigatore che hai avuto l'incredibile fortuna di far naufragio sul mio blog, sei il benvenuto. Questo blog e’ qui per raccontarti un po’ di me attraverso la passione che ho per il cinema ed in particolare per quello amatoriale di viaggio. Non che mi aspetti che la cosa sia di alcun interesse per chiunque non mi conosca gia’. Condividere la nostra esperienza, significa offrire ad altri la possibilità di conoscerci così come noi ci percepiamo riscoprendo il nostro valore. Ci permette inoltre di trovare cose comuni e punti di contatto sentendosi così vicini e sviluppando sentimenti di unione. Il filmmaker è colui che realizza un corto, un documentario, uno spot pubblicitario, oppure realizza un prodotto audiovisivo curando tutte le fasi della realizzazione, dalla progettazione alla sceneggiatura, alle riprese, al montaggio. Una delle più importanti scoperte che feci ancora all'epoca in cui frequentavo le superiori è che il film è il più potente mezzo di comunicazione personale esistente sul pianeta. Nella propria tavolozza creativa, il film dà spazio a tutte le arti come fossero colori ben distinti: fotografia, musica, grafica, scrittura, belle arti, illustrazione, studi visivi e critici ecc. Il modo in cui un filmmaker miscela questi colori gli consente di imprimervi la propria firma, unica come la sua impronta.


Informazioni personali

La mia foto
Busto Arsizio, Varese, Italy
Bolognese d'origine, trapiantato in Lombardia . Tra me ed i miei interessi c'è una correlazione talmente stretta che non saprei dire dove finiscano gli uni e cominci io o viceversa. Tra questi interessi prediligo la settima arte, mi piace un sacco imprimere in una ripresa un’azione, un momento di vita, quello che il mondo ci offre di bello e di brutto; diceva François Truffaut « Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell'infanzia »

mercoledì 23 novembre 2011

PAUSA BLOG

Per qualche settimana non potrò dedicarmi al blog, saluti a tutti i miei lettori.



lunedì 14 novembre 2011

IL LINGUAGGIO DEL CINEMA - Uno sguardo dietro lo schermo 4

Movimenti della macchina da presa
PANORAMICA

Si realizza facendo ruotare la macchina da presa fissata ad un cavalletto munito di una particolare testa snodata.
La rotazione della cinepresa può avvenire sia orizzontalmente (panoramica orizzontale) che verticalmente (panoramica verticale); se la rotazione orizzontale è completa si ottiene una panoramica a 360°; mentre attraverso la somma dei due movimenti si ottiene la panoramica obliqua
La panoramica non fa altro che imitare quello che la nostra testa compie per osservare il luogo in cui ci troviamo; di conseguenza, è generalmente lenta, proprio come la rotazione del capo di chi si guarda intorno.
Con una lenta panoramica orizzontale unita ad un’angolazione dal basso il regista Luchino Visconti descrive l’interno del teatro La Fenice all’inizio del film “Senso” (1954).


A volte, però, per introdurre nel racconto un fatto inaspettato, la panoramica viene effettuata in modo rapidissimo; anche in questo caso viene imitato il movimento che facciamo quando un rumore improvviso ci colpisce, facendoci girare di scatto. Questo tipo di panoramica viene definita a schiaffo e spesso preannuncia un rapporto conflittuale tra i due soggetti messi così rapidamente in contatto. Un esempio di ciò lo vediamo nella clip che segue, tratta dal film “Le onde del destino” (1996)



CARRELLATA

E' il movimento della macchina da presa collocata su un supporto mobile. Tale supporto può essere costituito da un carrello che scorre su binari predisposti o da un veicolo (camera-car). Le carrellate si effettuano anche utilizzando gru e dolly;
Nelle 2 clip che seguono tratte dal film del 2001 "Il favoloso mondo di Amélie" (titolo originale : "Le fabuleux destin d'Amélie Poulain" di Jean-Pierre Jeunet) ; due brevi scene realizzati con la gru e il dolly.


Carrellate si effettuano anche da un mezzo in volo o grazie a una rete di cavi che coprono lo spazio da riprendere e lungo i quali la cinepresa viene fatta scorrere (skycam) in questo caso si parla di carrellata aerea.
Un esempio nella clip che segue tratta dal film Soy Cuba del 1964 diretto da Mikhail Kalatozov. Il titolo (in italiano "Io sono Cuba") allude all’intento del film di rappresentare e interpretare l’animo cubano della fine degli anni cinquanta, innalzandosi a portabandiera della rivoluzione. È ritenuto da molti un film strepitoso, per la complessità dei movimenti di macchina, ottenuti spesso con vere e proprie acrobazie della cinepresa, specie nel seguire il funerale che qui vediamo.



Un'altra possibilità di realizzare carrellate è offerta dalla steadycam. Questo tipo di apparecchiatura è stato introdotto alla fine degli anni ’70. La cinepresa viene fissata al corpo dell'operatore mediante un sistema di molle e di contrappesi, così da compensare i movimenti bruschi che la persona può fare nel camminare, salire o scendere scale, magari inseguendo con la macchina da presa personaggi o oggetti in movimento; in tal modo la macchina acquista il massimo di mobilità e il massimo di fluidità, poiché gli spostamenti non dipendono più dal controllo manuale da parte dell'operatore.



Qualsiasi sia il supporto grazie al quale viene realizzata, la carrellata può essere:
· in avanti a stringere, quando la macchina si avvicina al soggetto, restringendo il campo dell'inquadratura;
· all’indietro ad allargare, quando la macchina allontanandosi dal soggetto, allarga il campo ed include nuovi elementi;
· ad accompagnare, precedere o seguire, quando la macchina si muove accompagnando il soggetto in movimento;
· laterale, quando la macchina si muove in senso trasversale all’asse di ripresa;
· ad ascensore, quando la macchina si muove verticalmente rispetto al set;
· circolare, quando la macchina gira intorno al soggetto, con movimento circolare.

La carrellata viene generalmente usata per seguire i personaggi nei loro spostamenti, svolgendo anche una funzione descrittiva rispetto all’ambiente, esempio nella prossima clip di  “Balla coi lupi” (1990) di Kevin Costner.


Molto comune è pure il suo utilizzo nel passaggio da un luogo esterno ad uno interno e viceversa, come fa Alfred Hitchcock all’inizio di “Psycho” (1960).


Alcune carrellate vengono utilizzate per far capire i sentimenti dei personaggi, ad esempio una carrellata all’indietro spesso ci comunica il distacco affettivo, la perdita di qualcosa o la nostalgia; viene però usata anche per marcare la fine del racconto.
La carrellata può svolgere anche funzioni più particolari e assumere precisi significati stilistici. Ad esempio, può essere usata per individuare un soggetto o un dettaglio all’interno di un insieme, ponendoli così in rilievo rispetto al resto. Famosa la carrellata a stringere in “Notorius” (1946) di Alfred Hitchock, con la quale il regista mostra un oggetto che avrà poi molta importanza nella storia, ossia la chiave nella mano di Ingrid Bergman (vedi il mio post "Uno sguardo dietro lo schermo 1").
Analoga funzione riveste la serie di carrellate a stringere nel finale di “Quarto potere” (1941) di Orson Welles; in questo caso il movimento di macchina svela allo spettatore il mistero attorno a cui ruotava tutto il film, mistero che peraltro nessuno dei protagonisti è riuscito a decifrare.



Con una carrellata ad accompagnare il regista può esprimere la propria simpatia verso il soggetto ripreso, come avviene nella conclusione dei “Quattrocento colpi” (1959) di François Truffaut.


Famose carrellate a precedere e a seguire sono quelle realizzate in “Shining” (1980) da Stanley Kubrick, che se ne servì per riprendere le corse in triciclo del piccolo Danny lungo i corridoi del grande albergo vuoto (vedi il mio post "Uno sguardo dietro lo schermo 2"), nonché per filmare l’inseguimento nel labirinto coperto di neve, con notevole accrescimento della tensione narrativa.
Molto spettacolari risultano le carrellate aeree con cui il regista di “Titanic” (1997) James Cameron ci trasmette la grandiosità del transatlantico, esaltandone i prodigi tecnologici in drammatico contrasto con quello che sarà il suo tragico destino.



ZOOMATA

E' un modo di simulare la carrellata, attraverso l'impiego di un obiettivo a fuoco variabile, chiamato zoom, che permette effetti di avvicinamento o allontanamento del soggetto inquadrato.
Le carrellate però hanno il vantaggio di risultare più naturali delle zoomate, perché nessuno di noi ha uno zoom al posto degli occhi. Come ho già accennato in un altro mio post il cineamatore dovrebbe usare lo zoom con giudizio, e anzi, usarlo principalmente solo per variare le inquadrature, e non per zoomare a più non posso mentre si filma, come purtroppo si vede fare spesso.
Le funzioni espressive della zoomata sono simili a quelle della carrellata ma a volte la prima viene preferita solo per motivi di ordine pratico; con lo zoom, infatti, si può ottenere il passaggio, in un tempo desiderato, da un campo lungo a un dettaglio o viceversa, senza muovere la macchina da presa.

MACCHINA A MANO

Si tratta di movimenti ottenuti attraverso spostamenti dell'operatore, che manovra la cinepresa senza l'aiuto dell'abituale strumentazione (cavalletto, carrello ecc.). Questo tipo di ripresa è diventato possibile grazie all’introduzione di attrezzature leggere e maneggevoli, specialmente alla fine degli anni ’50. Alcuni registi hanno fatto della macchina a mano una precisa scelta stilistica, come recentemente il danese Lars Von Trier . Nel suo film “Le onde del destino” (vedi clip inerente la panoramica a schiaffo) la macchina è impegnata in continui, bruschi movimenti, che rendono le immagini ondeggianti e spesso sfocate, con notevole disorientamento dello spettatore. La ragione di tale scelta risiede nel voler trovare modi nuovi, non convenzionali, per narrare la drammatica complessità dell’esistenza.
Anche nel passato la macchina a mano è stata spesso utilizzata da quei registi che volevano dare l’impressione di una ripresa diretta della realtà, senza troppi artifici e inganni.



giovedì 10 novembre 2011

IL LINGUAGGIO DEL CINEMA - Uno sguardo dietro lo schermo 3

IL FUORI CAMPO

E’ la parte esclusa dall’inquadratura e quindi tutto ciò che accade fuori del campo visivo della macchina da presa, ma è presente nello spazio adiacente (il set). Sta alla fantasia dello spettatore immaginare e ricreare il fuori campo che tramite le tecniche cinematografiche gli viene descritto. Il fuori campo può essere parte dello svolgimento della trama del film (diegetico), quindi possiamo averne percezione grazie a sguardi del personaggio fuori campo, voci, rumori o musiche che poi nelle inquadrature successive potrebbero anche entrare in campo. Se invece il fuori campo è extra-diegetico, per esempio una voce narrante che nulla ha che vedere con i personaggi del film, il fuori campo rimane tale.

Nella clip che segue, tratta dal film "C'era una volta il West" di Sergio Leone, l'arrivo della locomotiva, atteso da tre sgherri, è annunciato a lungo dal suo rumore, ma sulle rotaie non si vede (tranne un breve quadro di azione parallela); questo è un esempio di fuori campo diegetico.



Mentre nella clip che segue tratta dal film del 1956 "I dieci comandamenti" di Cecil B. De Mille la voce narrante è extradiegetica.




SGUARDI E PUNTI VISTA
Sono sia il luogo in cui è situata la macchina da presa, che coincide con lo sguardo del regista che dà una visione parziale della realtà, sia il posto in cui si trova lo spettatore che segue il film.
Il punto di vista è situabile pure in una dimensione astratta, in cui l'autore si identifica con un immagine che mostra il passaggio da una situazione filmabile ad una situazione filmata.
Vediamo uno per volta questi punti di vista: l’angolazione dell’inquadratura rispetto alla realtà rappresentata è convenzionalmente normale quando "l’occhio" della cinepresa si trova all’altezza media dell’occhio umano.
Se è normale, cioè i lati orizzontali dell’inquadratura sono paralleli al piano di riferimento (il pavimento o il terreno), l’autore non intende sottolineare la propria intrusione nella narrazione filmica. Il discorso cambia quando l’inclinazione della macchina da presa è dall'alto, dal basso o obliqua (vedi la clip dal film "Notorius" nel mio post "Uno sguardo dietro lo schermo 1".
La prospettiva che fa riferimento alle modalità con cui è stata realizzata l’inquadratura è quella che in genere si esprime con l’angolo di ripresa. La prospettiva che fa riferimento ai soggetti che vi prendono parte, invece, può essere distinta in due modi: soggettiva e oggettiva. La prima mostra allo spettatore ciò che sta vedendo uno dei personaggi del film, vale a dire il “suo” punto di vista. La seconda, invece, mostra cose e persone secondo l’ottica di uno spettatore esterno rispetto alle vicende narrate. All’interno di un film questi due tipi di punti di vista il più delle volte convivono insieme. 
La clip che segue tratta dal film del 1954 "La finestra sul cortile" di Alfred Hitchcock ne è un esempio  semplificativo





sabato 5 novembre 2011

IL LINGUAGGIO DEL CINEMA - Uno sguardo dietro lo schermo 2


LA PROFONDITA' DI CAMPO


E' l'inquadratura in cui tutti gli elementi rappresentati, sia quelli in primo piano che quelli di sfondo, sono perfettamente a fuoco.
La profondità di campo nel cinema fu una delle caratteristiche delle origini. Pensiamo per esempio all'Arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat dei Fratelli Lumière. Qui sono a fuoco sia il treno che arriva - lo vediamo in Campo lungo - sia i passeggeri che in seguito scendono - li vediamo in vari piani di ripresa.
Ma un uso magistrale della profondità di campo lo fa O.Welles in "Quarto potere" (titolo originale: "Citizen Kane"). In questo modo evita gli stacchi e riesce a mettere a ''fuoco'' anche ciò che c'è dietro (uso magistrale del grand'angolo e del teleobiettivo) così la profondità di campo conduce direttamente al Piano Sequenza, una ripresa continua senza stacchi - che sarà poi utilizzata da J.L.Godard.
Questo lo si vede nella clip che segue.


Inizia il secondo flashback del film, come se fosse Thatcher direttamente a narrare. Siamo nel 1871 e Thatcher è alla pensione della madre di Kane, con il giovane ragazzo Charles che gioca fuori nella neve con lo slittino, inquadrato anche nella scena d'interno, tramite la virtuosistica profondità di campo che lo mostra attraverso la finestra.
I genitori del piccolo Kane decidono di affidare il figlio al banchiere Tatcher affinché questi lo porti con sé in città. L’inquadratura si struttura su tre piani distinti, che ne strutturano la profondità e che determinano i diversi rapporti di forza dei vari personaggi in scena: il bambino sullo sfondo (ignaro del proprio destino), in mezzo il padre (che cerca invano di opporsi alla decisione), in primo piano il tutore e la madre (i veri artefici di quanto sta accadendo).


IL PIANO SEQUENZA:

Il piano sequenza, formalmente, si può semplicemente definire come una sequenza costituita da un'unica inquadratura, fissa o in movimento, priva di stacchi  al suo interno (capace comunque, per lo più , di comporre un'autonoma unità scenico-narrativa).
Si può dire che il piano sequenza è l'essenza stessa del cinema che "si fa vedere senza farsi vedere", senza ricorrere alla sua forma espressiva principe, il montaggio. Nel piano sequenza il linguaggio del cinema trova compiutezza nella complessità del movimento della macchina da presa, la cui dinamica (o staticità) è già un montaggio di più scene-inquadrature che si fondono in un'unica scena-sequenza.
La storia del cinema pullula di memorabili piani sequenza che hanno caratterizzato un film, contraddistinto un autore, fatto epoca e "scuola". Vediamone alcuni esempi:

Un esempio famoso di piano sequenza è la scena dell'inseguímento del bambino in triciclo nel film ‘'Shining",del grande regista Stanley Kubrick. Qui per evitare scossoni alla macchina da presa nel passaggio fra pavimento e tappeti si è sostituito il normale carrello con la steadycam e per mantenere uniforme la distanza della cinepresa dal bambino, l'operatore viaggiava su una sedia a rotelle opportunamente modificata.

            



Bella anche dal punto di vista compositivo del paesaggio la scena tratta dal film "Io non ho paura" di Gabriele Salvatores. Da notare come la macchina da presa sembra quasi soffermarsi sulla radio che trasmette la musica che fa da sottofondo alla scena.


Segue la clip del piano sequenza più lungo della storia del cinema (quasi 6 minuti). Si tratta del film del 2006 "Espiazione" (titolo originale "Atonement ") del regista Joe Wright.



Dopo aver visto queste clip è interessante notare quanto un regista può produrre senso ed in modo molto originale senza aver bisogno di staccare la cinepresa dal soggetto/oggetto di ripresa e costruendo un “montaggio” interno alla scena stessa.
Gli unici effetti collaterali di questo modo di concepire una scena possono essere quelli di diventare un’esercizio di stile accademico e/o gratuito 

martedì 1 novembre 2011

IL LINGUAGGIO DEL CINEMA - Uno sguardo dietro lo schermo 1

Come dicevo agli inizi del mio blog, la capacità di dare un taglio professionale a delle riprese videoamatoriali, la si ottiene imparando a guardare i film proiettati nelle sale cinematografiche o alla televisione con uno sguardo diverso. Cioè educarci a comprendere le forme e le figure del linguaggio cinematografico. In poche parole un buon cinedilettante deve essere anche un buon cinefilo: allora seguitemi attraverso la visione e il commento di una serie di sequenze (insieme di scene): strumenti per l'analisi (critica ed estetica) di un film.

Iniziamo con  piani, campi e dettagli e inquadrature

CAMPI E PIANI:

Si parla di campo quando il soggetto dell'inquadratura è l'ambiente esterno in cui si muovono i personaggi.
Si parla di piano quando il soggetto dell'inquadratura è un personaggio.

Facciamo qualche esempio per capire, facendoci aiutare dal film (1975) Barry Lyndon di Stanley Kubrick 


Queste sembrano definizioni precise, ma non lo sono perchè sono di comodo; è difficile stabilire dove finisce un piano e incomincia l'altro, sia perchè ci può essere un'inquadratura intermedia, sia perchè il soggetto muovendosi all'interno dell'inquadratura cambia continuamente piano di riferimento. Queste definizioni rimangono comunque il punto di partenza per chi scrive la sceneggiatura, per chi realizza il film e per chi lo analizza.

Una curiosità: la scena del tavolo da gioco (del film Barry Lyndon) dove l'unica fonte luminosa sono le candele; è stata girata con macchine da presa munite di speciali obiettivi forniti dalla NASA ( in origine un obiettivo per macchina fotografica sviluppato per il programma Apollo e lo sbarco sulla Luna , modificato dalla Cinema Products Corp.)  che hanno reso possibile ricreare l'atmosfera del tempo (infatti il film sembra girato nel XVIII secolo, periodo in cui si svolgono i fatti raccontati nel film).



INQUADRATURA:

Come un essere vivente è composto da tante cellule, un film è formato da centinaia di quadri chiamati appunto inquadrature. Esse delimitano con precisione lo spazio che sarà ripreso e al contempo escludono tutto il resto (che rimarrà "fuori campo", ossia all'esterno del campo visivo dell'osservatore).

Dal film "Notorius" di Alfred Hitchcock, 1946


Due annotazioni:
- avete fatto caso come nella sequenza dell'ippodromo, la corsa si riflette nel binocolo di Ingrid Bergman?
Si è evitato con un dettaglio di fare una soggettiva dell'attrice perdendo la continuità della scena.
- avete notato il pavimento a scacchiera del salone? L'uso della scacchiera aumenta la percezione prospettica di un'immagine proiettata a due dimensioni. Quando andate al cinema, cercate di notare come questo artificio non sia così raro.

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